Animali sacri egizi: quali sono

Alla scoperto del magico mondo egizio, fatto di animali sacri e divinità.

Apprezzati per la loro utilità nei lavori dei campi e nella vita domestica, temuti per la forza e la pericolosità o idealizzati per la bellezza e il singolare mistero che sembrava accompagnarne le orme, nell’antico Egitto gli animali divennero delle vere e proprie divinità, spesso venerati in città fondate appositamente per il loro culto.

Dai mammiferi ai rettili agli uccelli, senza dimenticare insetti e aracnidi, sono numerosissimi gli animali sacri egizi. Vediamone alcuni.

Animali sacri egizi: il gatto

Animale sacro per eccellenza, il gatto è probabilmente il più noto nel pantheon dell’antico Egitto.

Tenuto in grande considerazione perché cacciatore di topi e di altri animali nocivi, con il tempo il gatto assunse il ruolo di protettore del focolare domestico e della maternità.

Sotto forma di dea Bastet era invocato dalle donne durante il parto, mentre come Grande Gatto di Eliopoli, una delle forme del dio Ra, difendeva il sole dagli assalti del temibile serpente Apopi.

I gatti erano talmente amati nell’antico Egitto da meritare una sepoltura con tutti gli onori. Come accadde a Myt, la gatta del primogenito del faraone Amenofi III, il cui sarcofago di pietra è tra i reperti esposti nel Museo del Cairo.

A Bubasti (l’attuale Zagazig), rinomato centro di culto dedicato alla dea gatta, è stata rinvenuta una delle più grandi necropoli di gatti sacri mummificati.

Lo sciacallo

È il dio della mummificazione e dei cimiteri. Il tramite per il mondo dei morti e colui che presiede all’imbalsamazione. È il dio-sciacallo Anubi.

Protettore delle sepolture, tra le quali si aggirava al calare della notte, lo sciacallo era anche la divinità che si occupava di guidare le anime nel mondo dei morti, la Duat, per attendere alla pesatura del cuore del defunto.

Se il cuore fosse risultato più leggero di una piuma, il defunto sarebbe stato portato al cospetto di Osiride, in caso contrario sarebbe stato dato in pasto al mostro Ammit, senza speranza di poter godere della vita nell’aldilà.

Il coccodrillo

Divinità temibile, il dio coccodrillo Sobek era connesso alle acque e alla fertilità.

Proprio come le piene del Nilo, che allagando i campi li rendevano nuovamente fertili, Sobek era un dio ambivalente, capace di atti di inaudita ferocia come di estrema benevolenza.

Associato al potere militare e a quello regale, Sobek divenne ben presto una delle divinità più importanti del pantheon egizio, della quale i coccodrilli del Nilo erano la diretta incarnazione.

A Crocodilopoli, della quale oggi non restano che poche rovine nel nord del Fayyum, veniva accudito e allevato con tutti gli onori il Petsuchos, il coccodrillo sacro.

Il serpente

Divinità maligna e intrigante, dio del Caos e delle tenebre, il gigantesco serpente Apopi attendeva ogni notte la comparsa della barca solare di Ra per divorarla.

La battaglia tra il serpente divino e il dio del sole durava le dodici ore notturne, e si diceva che terremoti e temporali fossero una diretta conseguenza di questo scontro.

L’ibis

Thot era rappresentato alternativamente come un babbuino o come un ibis sacro, uccello che in Egitto è ormai dichiarato estinto.

Divinità lunare, dio della scrittura e della sapienza e pertanto patrono degli scribi, Thot era ritenuto uno degli artefici del mondo.

Come il gatto, anche l’ibis era apprezzato per la sua utilità, nutrendosi di carogne e piccoli invertebrati come i serpenti, e lo si poteva trovare spesso come animale domestico nelle case. Ermopoli era la città dove era più sentito il suo culto.

Lo scarabeo

Rappresentato come uno scarabeo sormontato dal disco solare, Khepri era il dio della rinascita e del rinnovamento, che ogni mattina spingeva il sole dall’oltretomba in superficie.

Le sembianze di Khepri e i suoi attributi erano modellati su quelli dello scarabeo stercorario, il quale fa pazientemente rotolare davanti a sé una palla di sterco nella quale sono racchiuse le uova.

Lo scarabeo era associato all’idea di resurrezione e amuleti con l’effige del dio erano posti tra le bende delle mummie, in corrispondenza del cuore del defunto.

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