Tra le realtà asiatiche con la storia più travagliata vi è senza dubbio il Bangladesh, paese dalla storia relativamente recente: utilizzando i tempi della Storia si tratta infatti di una entità statale di nuova formazione, nata in seguito ad eventi di natura bellica.
Oggi il Bangladesh è una meta turistica per chi è in cerca di una vacanza particolare, ma potrebbe essere adatta anche per chi cerca una vacanza fatta di spiagge e mare. E a proposito di questo ultimo aspetto, le acque che bagnano il Bangladhesh per che tipo di vacanza sono adatte? Qual è la storia di questo paese?
Il mare del Bangladesh
Quando si deve parlare del mare di questo paese asiatico, bisogna fare subito riferimento alla località di Coz’Bazar, la quale si trova ai confini con quella che un tempo era conosciuta con il nome di Birmania.
Questa è la principale località balneare del paese e qui le acque oceaniche sembrano quasi invitare i turisti a tuffarsi, per vivere una esperienza indimenticabile.
Chi volesse vivere una vacanza all’insegna delle spiagge, di nuotate e perché no, immersioni subacquee, dovrà assolutamente recarsi in questa località, dove le acque sono a tratti perfette.
La storia del Bangladesh
Come detto in precedenza, la storia del Bangladesh è relativamente recente. Un punto di partenza per raccontarla potrebbe essere il 1947, quando poco dopo l’indipendenza del Pakistan, il Bangladesh venne incluso in quest’ultimo con la denominazione di Pakistan Orientale.
Tuttavia cominciarono subito a manifestarsi forti spinte all’autonomia.
Essenzialmente queste ultime erano dovute a fattori di tipo etnico, linguistico e culturale, oltre che per la posizione geografica. La risposta del governo pakistano fu tutt’altro che di ascolto a queste istanze e questo, unito alla situazione instabile del Pakistan stesso, favorì l’inizio di rivolte e scioperi che portarono anche alla nascita di partiti politici di matrice autonomista o addirittura indipendentista.
Nel 1971 il governo pakistano non riconobbe la vittoria del principale partito d’opposizione, l’Awami League. Questo portò all’inizio di una sommossa popolare che venne esplicitamente appoggiata dall’India. Alla fine di quello stesso anno il Pakistan Orientale si dichiarò indipendnte, assumendo la nuova denominazione di Bangladesh.
La carica di Primo Ministro venne assunta da Mujbur Rahaman, il quale diede subito il via alla nazionalizzazione del sistema industriale. Nei 3 anni successivi venne emanata una nuova Carta Costituzionale e il Bangladesh divenne una Repubblica di tipo presidenziale dove vigeva un sistema monopartitico.
Alla fine del 1975 un colpo di Stato orchestrato dai militari depose nel sangue Mujibur Rahman e la giunta militare trasformò il neonato stato in una realtà di tipo confessionale islamico. Gli anni successivi furono segnati da altri 2 colpi di Stato. Dalla fine del 1983 fino al 1990 rimase al potere Hossain Moḥammad Ershad, che alla fine perse l’appoggio dei militari e fu costretto a fuggire a causa di una rivolta della popolazione.
Alla fine del 1990 venne ripristinato un sistema di tipo costituzionale e le elezioni legislative dell’anno successivo, aperte a tutti i partiti, videro l’affermarsi di una coalizione di destra, che portò alla carica di Primo Ministro la vedova di Zia Ur-Rahman. Il nuovo esecutivo venne osteggiato dall’Awami League, la cui guida era stata nel frattempo assunta dalla figlia di Mujibur Rahman.
Tutto questo si concretizzò in scontri nelle città bengalesi, che portarono sull’orlo della guerra civile dopo il boicottaggio del Parlamento deciso dalla leader dell’Awami League. Alla fine la guerra civile venne scongiurata e nel 1996 si svolsero nuove elezioni, che portarono al potere l’Awami League.
Tuttavia, va detto che questi ultimi 20 anni di storia politica del Bangladesh sono stati molto simili ai precedenti, con tensioni politiche molto forti tra le opposte fazioni politiche e con una presenza, a volte nell’ombra, ma sempre molto ingombrante dei militari. Ad oggi nel ruolo di Primo Ministro vi è una politica di lungo corso come Sheikh Hasina, la quale si rifà ai dettami del socialismo secolarista e che ha come obiettivo quello di risolvere l’endemico problema della povertà.