Il Castello di Gradara è una struttura imponente ricca di storia e fascino. Non mancano nemmeno gli spettri.
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Su un colle che domina una boscosa valle nella provincia di Pesaro-Urbino, sorge il Castello di Gradara, uno dei più sorprendenti esempi di architettura militare del XIV secolo.
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Quello che oggi è sede di mostre ed eventi, è stato per lunghi secoli teatro di battaglie, di storie di amore e di tremende uccisioni: questo ha reso il Castello di Gradara uno dei luoghi più suggestivi d’Italia.
La rocca nacque per volere di Rodolfo e Pietro De Grifo nel XII; un secolo dopo fu conquistata da Malatesta da Verucchio, che regalò così alla sua casata un lungo dominio sul castello.
Vi abitarono ad esempio Pandolfo II, ricordato in un sonetto del Canzoniere dall’amico Petrarca, e da Malatesta “il Guastafamiglia” che trucidò i suoi stessi parenti tra le mura della rocca.
Nel 1445 il castello fu acquistato da Francesco Sforza che presto incontrò l’opposizione di Sigismondo Pandolfo Malatesta. Seguirono i leggendari 40 giorni di assedio alla fortezza, conclusosi con la vittoria di Sigismondo, che poco poté però quando nel 1463 fu scomunicato da papa Pio XII e privato di terre e poteri: il dominio su Gradara passò dunque a Federico da Montefeltro e da questo agli Sforza, alleati del Pontefice.
Agli Sforza seguirono i Della Rovere e poi lo stesso Stato pontificio nel 1641 che però poco si occupò della cura del notevole patrimonio artistico del castello: bisogna aspettare l’arrivo nel XVIII secolo del marchese Mosca di Pesaro ma soprattutto della famiglia Zanvettori per un vero recupero degli antichi splendori del castello di Gradara, venduto poi nel 1928 allo Stato e accessibile al pubblico solo dai primi anni 80.
È la doppia cinta muraria con tanto di merlature a colpire il visitatore: è sovrastata da un camminamento di ronda in parte percorribile che regala una vista spettacolare sul Monte Carpegna e sul Mare Adriatico.
Tra le torri che punteggiano la muraglia spicca il Mastio, alto 30 mt e sede della Sala delle Torture: al di sotto di questa camera è stato rinvenuto in posizione eretta il corpo di un soldato condannato a morte per soffocamento sottoterra.
Dal Cortile d’Onore, splendidamente affrescato con motivi classici e mitologici, si accede alle stanze nobiliari con tanto di mobilio d’epoca e letti a baldacchino. Tra le camere spiccano la Sala di Sigismondo e Isotta, il camerino di Lucrezia Borgia, figlia discussa di papa Alessandro VI Borgia, e la Sala dei Putti: quest’ultima è stata voluta da Giovanni Sforza in occasione della nascita del figlio Costanzo e ritrae allegri giochi di putti in eleganti riquadri.
Vero gioiello del castello è poi la quattrocentesca Pala Robbiana realizzata da Andrea della Robbia, sita nella cappella dei Malatesta: con la tecnica della terracotta invetriata e maioliche azzurre e bianche, è stata raffigurata la Vergine col Bambino tra santi.
C’è un’altra storia che avvolge da secoli il Castello di Gradara: è quella di Paolo e Francesca, il cui tragico amore ha affascinato scrittori e poeti quali Dante che, nel V canto dell’Inferno, le ha dedicato gli indimenticabili versi “Amor, ch’a nullo amato amar perdona, mi prese del costui piacer sì forte, che, come vedi, ancor non m’abbandona“.
La storia racconta di Giovanni Malatesta “Gianciotto”, valoroso guerriero non molto attraente, che sposa Francesca figlia di Guido da Polenta: prima del matrimonio, Giovanni invia suo fratello al primo incontro con la fanciulla, l’aitante Paolo. Subito tra Francesca e Paolo scoccò la scintilla e vissero il loro amore nascosto per ben diciotto anni.
Giovanni però, avvertito forse dalla servitù o dal fratello Malatestino dall’Occhio, li colse in flagrante: Paolo cercò di fuggire da una botola ma le sue vesti si impigliarono lasciandolo in balia del fratello, la cui spada però colpì Francesca che gli si parò davanti in difesa dell’amato. Non meno piacevole fu la sorte di Paolo che si narra fu scaraventato in uno dei pozzi a rasoio della fortezza, infilzato da lame acuminate.
Le strane presenze avvistate in questi anni riguardano proprio Paolo e Francesca, che non riescono a staccarsi dai luoghi dove hanno vissuto il loro amore: si dice che lo spettro di Francesca si aggiri sulle mura del castello con lo sguardo verso l’orizzonte mentre Paolo si manifesterebbe con una nube lattiginosa che, tra sussurri e lamenti, risale dai sotterranei in cerca della sua amata.