Un luogo che spaventa, intimorisce ma allo stesso tempo affascina. E’ quello che Freud chiamava “istinto di morte”: ciò che ci attrae al mondo dei trapassati, che ci affascina e ci rattrista. Le catacombe di Palermo, in Sicilia, racchiudono perfettamente questa situazione.
Catacombe Palermo, informazioni
Le Catacombe dei Cappuccini di Palermo sono un luogo fermo nel tempo, e visitarle, sopratutto se lo si fa al buio, porta con sè un sentimento di fascino e disagio.
Camminare per corridoi sotterranei, circondati da corpi mummificati che sembrano osservare tutto dall’alto con le loro orbite vuote è un viaggio sicuramente diverso dagli altri.
Non si tratta, come è facile immaginare, di una visita di piacere. Ma piuttosto di scoperta e di memoria.
Le Catacombe sono state pensato come luogo dove conservare le salme dei propri cari, dove possano riposare in pace.
Le mummie che risiedono nelle catacombe sono più di ottomila, e sono la risposta al desiderio di conservare il corpo di coloro che sono morti per più tempo possibile, un desiderio che nacque molto indietro nella storia e che pervade ancora oggi.
Inizialmente i morti venivano sepolti in fosse comuni, dove venivano buttati ed ammassati.
Questa procedura continuò finché non si notò che alcuni corpi, in particolare quelli depositati sul fondo, si erano conservati. Da qui si cominciò a pensare di lasciare le salme in nicchie sotterranee in modo che si potessero conservare meglio possibile; nacquero le catacombe.
Questa pratica continuò e sfociò nelle Catacombe dei Cappuccini che è possibile visitare oggi. Sono un vero e proprio “museo della morte“, non una meta adatta a chi è particolarmente impressionabile.
Catacombe Palermo storia
La storia delle Catacombe di Palermo risale alla fine del sesto secolo, quando i Frati Cappuccini cominciarono ad utilizzare e poi perfezionare un procedimento di mummificazione naturale per conservare i corpi, esaudendo le richieste dei cari in lutto che desideravano conservare meglio possibile il corpo del defunto.
Un desiderio ed una pratica che a noi uomini moderni può sicuramente sembrare macabra e non necessaria. Fatto sta che il corpo più antico risale tradizionalmente al 1599, ed è quello di Fra Silvestro da Gubbio, ed è stato solo il primo della lunga serie di abitanti di questa “città dei morti”.
Inoltre i corpi non erano disposti a caso, ma erano suddivisi secondo uno schema preciso che teneva conto di sesso, età, e condizione sociale. Uomini, donne, bambini, ecclesiastici, ufficiali, nobili ecc.
Tutti accuratamente conservati attraverso un metodo di essiccazione e mummificazione naturale, disposti in pose a volte sceniche e vestiti tutti con i cosiddetti “vestiti della domenica“. Le persone andavano lì, oltre per andare a trovare i propri cari, anche per parlare e scambiarsi opinioni, addirittura per consumare un pasto in compagnia.
Era perciò anche un luogo di culto – venne chiuso nel 1880, e dopo quella data accolse solamente altre due salme in via eccezionale: quella di Giovanni Paterniti nel 1911 e quella di Rosalia Lombardo nel 1920.
Parlando appunto della mummia più famosa di tutte, Rosalia Lombardo, è probabilmente la più interessante ed impressionante. Rosalia Lombardo aveva solo due anni quando è morta di broncopolmonite.
La mummia è conservata così bene che sembra che la bambina stia semplicemente dormendo pacificamente. Viene addirittura definita “la mummia più bella del mondo” appunto per lo straordinario processo che l’ha tenuta perfettamente conservata. T
ale processo, tuttavia, è rimasto misteriosamente sconosciuto fino a relativamente poco tempo fa. Non si conoscevano le sostanze esatte utilizzate nel processo di conservazione, ma furono studiate dall’antropologo Dario Piombino-Mascali; i suoi studi e scoperte sono raccolti nello scritto “The Sicily Mummy Project”.
Ancora oggi, Rosalia Lombardo mantiene le fattezze di una normale bambina addormentata ed è custodita in una teca di vetro high-tech completamente sicura per la sua conservazione.