Gli amanti della storia e del brivido tornano a Chernobyl, oggi, tra desolazione e clima spettrale.
Chernobyl. Un nome indissolubilmente legato alla catastrofe. Era il 26 aprile del 1986 quando il reattore 4 della centrale nucleare esplose. Il danno fu devastante. La nube radioattiva emanata si disperse nell’aria, viaggiando per chilometri fino a coprire l’intera Europa occidentale.
Persino l’Italia risentì degli effetti nocivi delle radiazioni, dichiarando lo stato di allerta. Il conto delle vittime tutt’oggi non è ancora ben chiaro. Ai primi 50, coinvolti nell’esplosione, si sommarono i cosiddetti liquidators, gli operatori per la messa insicurezza della centrale, circa 4 mila.
A loro volta sono da annoverare tutti gli abitanti della vicina Pripyat e delle zone limitrofe, che nel lungo periodo contrassero malattie tumorali legate all’esposizione alle radiazioni. Un disastro che riecheggia, un monito circa le nostre responsabilità sul mondo che abitiamo. Ma, forse, anche un punto di partenza per la rinascita della vita. Chernobyl oggi.
A distanza di 33 anni, la “Exclusion zone” è una zona altamente radioattiva. I lavori di isolamento del reattore esploso sono iniziati la settimana immediatamente successiva al disastro. Mentre in un primo momento la centrale venne lasciata operativa (alimentava il 10% del fabbisogno energetico dell’Ucraina), con il passare degli anni, dopo forti pressioni e critiche, venne definitivamente chiusa e disattivata nel 2000.
Ad oggi il paesaggio è spettrale. Intorno al reattore 4 è stato edificato un enorme sarcofago. La struttura di cemento e acciaio, rinnovata e rinforzata negli anni, racchiude tutt’ora al suo interno polveri altamente radioattive e tossiche.
Pripyat è una vera e propria città fantasma. Il paese contava circa 47.000 abitanti il giorno dell’incidente. Oggi, passeggiando tra i suoi edifici, la desolazione dona un effetto di estraniamento difficile da descrivere. Si possono trovare aule piene di banchi di scuola e libri abbandonati, quasi congelati nel tempo.
Alcuni murales inneggiano ancora all’unione sovietica. Tutto è immerso in un silenzio spettrale.
Questi luoghi sono sempre più spesso meta di turismo. È possibile visitare le zone sicure della “Exclusion zone”, muniti del giusto equipaggiamento, attraverso tour guidati. La stessa Pripyat è stata recente teatro del suo primo rave party, svoltosi con tute antiradiazioni all’ombra della ruota panoramica.
Chernobyl è una vivida testimonianza di come l’uomo sia dovuto fuggire di fronte alle conseguenze dei propri errori.
Ma la vita, si sa, ricomincia sempre.
Sorprendentemente, in tre decenni, la natura sembra aver ricominciato il proprio corso. Per anni gli studiosi avevano dichiarato l’impossibilità della rinascita. La contaminazione da radiazioni nella zona limitrofa alla centrale si attestava su livelli elevatissimi.
In condizioni simili nessuna forma di vita poteva resistere, tant’è vero che tutta la fauna locale era scomparsa nei primi anni dopo l’esplosione. La nube tossica aveva annientato anche la flora, colorando di rosso una macchia di conifere, in seguito nominata “foresta rossa“.
Proprio quest’area racchiude un potenziale radioattivo molto nocivo. Tutt’intorno, invece, i livelli sembrano essersi abbassati. Contro ogni aspettativa la vita ha proliferato di nuovo. Lo scenario è denso di verde. Tra gli alberi rigogliosi di Chernobyl si muove una fauna variegata.
Gli esperti lavorano costantemente per monitorare l’adattamento degli animali alle radiazioni. Gli effetti nocivi non si sono estinti completamente. Alcune specie di uccelli presentano forme di albinismo nel piumaggio, o addirittura sistemi nervosi dalle dimensioni ridotte e problemi di infertilità. L’insorgere di effetti collaterali non è assolutamente scongiurato.
L’aspetto sicuramente più sorprendente è l’incremento di popolazione riscontrato. Tutta la fauna presente nella zona riesce a riprodursi velocemente, prima di poter contrarre le malattie dovute alle radiazioni. L’elemento decisivo alla base di questo prosperare è la totale assenza di attività umana.
Chernobyl si è trasformata, con gli anni, in un vero e proprio laboratorio a cielo aperto. Rappresenta il più chiaro esempio di come la vita, dopo tutto, sfugga al nostro controllo e abbia la forza di ripartire a discapito dei nostri disastri.