Questa città pugliese in provincia di Bari merita certamente una visita se vi trovate nella Città dei Sassi (Matera dista infatti neppure 30 chilometri) ma non vi pentirete di dedicarle comunque un’intera giornata, alla scoperta delle sue origini storiche che ancora oggi sono visibili nelle particolari architetture e negli affascinanti paesaggi sotterranei, con chiese, cunicoli e cantine scavate sotto la superficie rocciosa di tufo.
Cosa vedere a Gravina di Puglia: le chiese rupestri
Nota soprattutto per le sue numerose chiese scavate nella roccia, Gravina nei libri di Storia fa il suo ingresso già già nel VII secolo a.C., dapprima sotto l’influsso della Magna Grecia, per essere poi occupata da Roma, e infine divenire preda per le razzie dei visigoti e dei vandali.
Fu proprio la distruzione dei centri abitati a spingere le popolazioni a rifugiarsi nel sottostante burrone, la gravina appunto: nacque così la prima Gravina sotterranea, che nel tempo vide la costruzione di chiese scavate nel tufo.
Sono stati gli elementi della natura che, nel tempo, hanno scavato profondi canyon nel tufo, e proprio qui le popolazioni locali hanno creato man mano gli insediamenti abitativi visibili ancora oggi.
Uniche nel loro genere, le chiese rupestri erano solitamente disposte attorno all’abitato, spesso adiacenti alle stanze adibite a deposito, a stalle e a laboratori.
Ricavata interamente da un blocco di tufo, e risalente al X secolo, la chiesa di San Michele è stata la prima cattedrale della città ed è senz’altro la chiesa rupestre più importante e imponente, forte delle sue cinque navate, cinque absidi e quattordici pilastri, oltre a diverse grotte adiacenti.
Oltre a San Michele, si possono visitare diverse altre chiese rupestri: Santa Maria degli Angeli, San Vito Vecchio, Madonna della Stella, Sant’Andrea e Cripta Tota.
Cosa vedere a Gravina di Puglia: il Ponte Acquedotto
Con la sua imponenza forte di un’altezza di 37 metri, una lunghezza di 90 per una larghezza di 5,5 metri, il Ponte Aquedotto fu inizialmente concepito esclusivamente come ponte/viadotto, per permettere ai fedeli l’attraversamento del Crapo (così era chiamato anticamente il torrente Gravina) e raggiungere la chiesa della Madonna della Stella, e solo dopo diversi avvicendamenti acquisì la sua funzione di acquedotto, a seguito di alcuni terremoti che lo danneggiarono fino al crollo nel 1722.
Fu a questo punto che la famiglia dei feudatari Orsini di Roma, che si era trasferita nel feudo di Gravina, ne ripensò la funzione intorno alla metà del Settecento, prediligendo una ricostruzione del ponte e una sua contestuale trasformazione in acquedotto, per portare sotto le mura della città le acque delle sorgenti Sant’Angelo e San Giacomo.
Oggi il Ponte Acquedotto di Gravina di Puglia è visitabile e percorribile dai turisti e, nonostante i tanti interventi architettonici subiti nel tempo, mantiene inalterato il suo fascino, di cui si sono accorti anche importanti registi internazionali per le loro produzioni cinematografiche.