Alla scoperta della terra delle gravine, in provincia di Taranto, dove i borghi di Ginosa e Massafra custodiscono case-grotta e chiese rupestri.
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Sono passati poco più di sessant’anni da quando Alcide De Gasperi ha definito Matera la vergogna dell’Italia e ha ordinato lo sgombero dei Sassi. Diciassettemila persone sono state costrette ad abbandonare le loro case. Ma il destino della città lucana è cambiato nel 1993, quando l’Unesco l’ha nominata patrimonio dell’umanità proprio per quei Sassi e per il parco delle chiese rupestri.
Un ulteriore passo avanti è stato compiuto nel 2014. Una folla festante, riunitasi in una piccola piazza cittadina, ha celebrato la nomina di Matera come capitale europea della cultura 2019. Il successo di Matera ha acceso i riflettori non solo sulla città dei Sassi, ma sull’intera area delle gravine che si estende dalla Basilicata alla Puglia.
Proprio in provincia di Taranto si trova quella che è considerata la città gemella di Matera. Siamo a Ginosa, un piccolo borgo di origini antichissime in cui il tempo sembra essersi fermato. Ancora estranea al turismo di massa, Ginosa affascina con le vie bianche del suo centro storico, con la Piazza dell’Orologio (la cui torre risale al 1820) e i palazzi dai sorprendenti dettagli in stile liberty.
Ma per secoli la vita degli abitanti di Ginosa non si è svolta tra eleganti palazzi. Bisogna scendere nella gravina per trovare le case che i suoi cittadini hanno abitato fino a quando, nel 2015, una violenta alluvione ha costretto il Comune a ordinare lo sgombero delle case scavate nella roccia nel rione Casale.
Non c’è modo migliore di scoprire il passato di Ginosa che attraversare a piedi il canyon e aggirarsi tra ciò che resta del quartiere. Alzate gli occhi al cielo e scoprite, in cima alla scarpata, i segni di cunicoli, antiche farmacie (non estranee a pratiche magiche e misteriche) e luoghi di culto oggi inaccessibili ai turisti.
Percorrete a piedi l’arco naturale formato dalla gravina, che si snoda a ferro di cavallo per oltre 10 chilometri. Al termine del percorso si arriva al rione Rivolta. Qui le case-grotta sono strette, le une vicine alle altre, come celle di un alveare, tutte rivolte a sud per godere il più possibile della luce e del calore del sole. I resti di un’antica cisterna testimoniano l’abilità degli abitanti della gravina nella raccolta e nella distribuzione dell’acqua piovana attraverso piccoli canali scavati nella roccia. È affascinante entrare in una delle abitazioni e provare a immaginare come si svolgeva la vita al loro interno, non molto tempo fa.
Su tutta la gravina vigila, dall’alto, il castello. Dell’antico castrum normanno, costruito nel 1080 da Roberto il Guiscardo, resta solo parte di una torre. Su di essa nel Settecento è stato edificato un palazzo signorile abitato prima dagli spagnoli Spinola-Alcanices de Los Balbases e poi dai genovesi Doria e difeso da un ponte levatoio, oggi sostituito da uno di pietra.
Tra le sue rocce e le sue salite impervie, la gravina nasconde numerosi gioielli. Sono le chiese rupestri, vera peculiarità di tutta la regione della murgia. Affacciata sul rione Rivolta, si erge la chiesa di Santa Sofia, che offre ai visitatori affreschi parzialmente conservati sia al suo ingresso che al suo interno.
È più difficile riuscire a immaginare la bellezza, ormai perduta, degli affreschi che adornavano la chiesa di Santa Barbara. Il tempo, gli agenti atmosferici e la cupidigia dell’uomo non hanno risparmiato neppure il dipinto della santa protettrice del luogo.
Di chiese rupestri è ricco anche un altro borgo della provincia tarantina. Si tratta di Massafra, città che racchiude alcuni degli affreschi meglio conservati della terra delle gravine, come quelli della chiesa della Candelora. Il nome deriva da uno degli dipinti della cripta, datato al 1100. Oggi è possibile ammirare solo una parte dell’antica cripta, parzialmente demolita nel Settecento. Su una delle pareti conservate spicca la Madonna Glicofilusa, così chiamata per il suo sguardo dolce e materno.
Ancor più stupefacente è la brillantezza dei colori e la modernità del tratto negli affreschi della chiesa rupestre di San Leonardo, la cui escavazione risale al 1000-1100. Qui, accanto ai santi, si può ammirare una splendida rappresentazione del Cristo Pantocratore, dipinta alle spalle dell’altare, nella zona detta iconostasi. Difficile immaginare che, dopo la sconsacrazione, questa chiesa sia stata utilizzata come stalla, frantoio, lavatoio e persino un parcheggio. Ma oggi è possibile ammirarne la bellezza grazie al restauro del 1996.
Per raggiungere la chiesa di Sant’Antonio Abate è necessario scendere nel seminterrato dell’Ospedale Vecchio, attivo a partire dal Diciannovesimo secolo. Si tratta, in realtà, di due chiese originariamente separate e unite solo in seguito alla crescita demografica di Massafra. I fedeli celebravano i due riti – quello greco e quello latino – in perfetta armonia, secondo un principio di alternanza e tolleranza. Se siete fortunati e visitate la cripta quando dal mare soffia l’umido vento di scirocco, vedrete l’umidità bagnare le pareti della chiesa. Osservate l’acqua lavare la patina bianca che offusca gli affreschi, fino a farne risplendere i colori.
Può sembrare incomprensibile il motivo per cui gioielli del territorio come Ginosa e Massafra siano ancora sconosciuti ai più. Borghi che non hanno nulla da invidiare alla vicina Matera restano ancora troppo spesso esclusi dalle rotte dei turisti che da ogni angolo d’Italia (ma anche dall’estero) raggiungono e visitano la terra delle gravine. C’è però chi crede nello straordinario potenziale del proprio paese natale. Si tratta di Angelo Inglese, sarto e stilista di Ginosa, famoso in tutto il mondo. Inglese è noto per aver confezionato la camicia indossata da Donald Trump durante la cerimonia di insediamento alla Casa Bianca e dal principe William per il proprio matrimonio. Non mancano le clienti femminili, tra cui la principessa del Giappone. Nonostante il successo internazionale, non ha intenzione di abbandonare la bottega di Ginosa dove la sua attività è nata negli anni Cinquanta.