Non è semplice, generalizzando talvolta certe osservazioni, affermare che le donne viaggiano in modo differente dagli uomini. Di certo esistono alcune caratteristiche che rendono il “viaggio femminile”, sotto alcuni aspetti, differente. Alla base del viaggiare, c’è per entrambi, uomini e donne, lo stesso bisogno di partire, lo stesso desiderio di libertà, l’identica irrequietezza e sete di scoprire.
Il concetto di viaggio tuttavia non ha sesso. Prendendo, ad esempio, in considerazione, alcune etimologie, scopriamo che “viaggio” in italiano è maschile, ma originariamente in latino, la parola era neutra: viaticum, cioè “attrezzatura per la via”. In tedesco die Reise è femminile, mentre in francese e in spagnolo è maschile: voyage, e viaje.
In realtà, è stato differente il percorso storico che viaggiatori e viaggiatrici hanno dovuto affrontare. Le donne in questo, come in altri campi, hanno dovuto conquistare lo stato di “viaggiatrici” e farlo accettare tanto agli uomini quanto alle donne che restavano a casa.
Ancora nella prima metà del novecento, un giornalista scriveva “due qualità caratterizzano i viaggiatori: il coraggio e la fiducia in se stessi, entrambi risaputamente maschili”. Probabilmente le donne, come sosteneva Mary Wollstonecraft, la loro più grande battaglia l’hanno combattuta contro se stesse, e nello specifico contro quella visione del mondo trasmessa da generazioni, contro gli stereotipi e le immagini di sé a cui erano state educate. Anche gli uomini, tuttavia, sono stati, in qualche modo, vittime degli stessi ruoli e dell’immaginario che essi stessi avevano costruito: il viaggiatore solitario, l’eroe senza macchia, il coraggioso e intrepido esploratore, il cavaliere errante, e così via…
Al’inizio, come è facile immaginare, le donne che incominciarono a viaggiare furono poche: erano avventuriere, oppure donne appartenenti alla nobiltà, in seguito vi sarebbero state viaggiatrici di provenienze culturali e sociali differenti.
Lo sguardo con cui le viaggiatrici hanno osservato i paesi visitati, ha dato origine alle particolarità del viaggio femminile. In primo luogo, l’attenzione per i dettagli, che investe non solo l’aspetto geografico, antropologico o storico delle mete di viaggio, ma anche tanti aspetti, per così dire minori legati alla vita quotidiana. Le donne osservano spontaneamente il modo di vestire, gli oggetti usati nella quotidianità, l’alimentazione, le abitudini familiari, il modo in cui i figli venivano allevati, e come le specifiche culture abbiano abituato gli individui a esprimere le proprie emozioni, sia nel privato che nella collettività.
Spesso le donne hanno fissato le proprie osservazioni sulla carta: nei diari, in autobiografie, e soprattutto nelle lettere indirizzate ad amanti, genitori, mariti o figli, ma anche ad altre donne, sorelle o amiche. Le viaggiatrici non hanno raccontato soltanto, con ricchezza di dettagli, la vita del luogo visitato, ma hanno parlato ampiamente di se stesse: emozioni, pensieri, ragionamenti e soprattutto sentimenti comunicati al mondo esterno con profondità o con una naturalezza che in questo caso, si può concludere, tipicamente femminili. Il viaggio di una donna dunque, sembra essere stato, prima di tutto, un’occasione per compiere un viaggio indisturbato nelle profondità di se stessa.