Jonathan Glazer vince il premio Oscar per miglior film internazionale, con “La zona d’interesse”.
Il film è stato tratto dall’omonimo romanzo di Martin Amis, trattando entrambi la medesima storia: Rudolf Höss è il direttore di uno dei campi di concentramento più conosciuti e più numerosi, Auschwitz.
Il film mette in scena il forte contrasto e l’ipocrisia delle persone, che pur avendo davanti agli occhi una tragedia come quella dell’Olocausto non sono mai intervenute. Infatti il titolo del film fa riferimento al paradiso artificiale che Hoss e la sua famiglia si sono costruiti a pochi passi dal campo di concentramento: vivono serenamente in una villetta con un bel giardino, consumando la propria quotidianità tra agi e tranquillità.
Questo idillio si interrompe quando un giorno Hoss porta i figli a pescare nel fiume poco distante dalla casa: rimarranno pietrificati quando nelle acque limpide inizieranno a scorrere resti di ossa e ceneri umane, gettate lì proprio dal campo di Auschwitz.
Le location del film “La zona d’interesse”
Tutto il film è ambientato nei pressi dello spietato campo di concentramento di Auschwitz, costruito durante la Seconda Guerra Mondiale dalla potenza nazista nella cittadina di Oswiecim, vicino a quello che, prima della guerra, era stato il confine tra la Germania e la Polonia, nell’Alta Slesia Orientale.
Le riprese sono avvenute proprio qui, nonostante richiedere il permesso agli amministratori del museo non sia stato semplice. Infatti le scene che avvengono all’interno del campo sono state ricostruite grazie all’utilizzo come location dei resti di quel luogo mostruoso, che ancora oggi è possibile visitare.
La casa di Foss
Gran parte delle riprese avvengono anche all’interno della casa del direttore Foss, proprio per sottolineare la tranquillità e l’ignoranza che vigeva all’interno delle case naziste, a contrasto con la tragedia che stava accadendo all’esterno, in questo caso letteralmente a due passi da loro.
Foss è realmente vissuto a due passi dal campo di concentramento, in una villetta grande e ben fatta. Quella che si vede nel film non è quella reale: infatti la regia ha impiegato ben due anni per ricostruirla impeccabilmente e fedelmente, grazie all’utilizzo di archivi fotografici e testimonianze.
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