Perchè il viaggio di nozze viene anche soprannominato luna di miele? Le motivazioni sono da ricercare nell'antichità.
Dichiarati marito e moglie, i novelli sposi sono pronti per la luna di miele. Che si parta o meno per un viaggio di nozze vero e proprio, fatto di bagagli e chilometri da condividere mano nella mano, la luna di miele indica comunque le prime settimane di vita sponsale.
Il primo mese, secondo la tradizione, ovvero il tempo equivalente a un intero ciclo di fasi lunari che veniva anticamente assimilato a quello della fertilità femminile.
In Italiano è la luna di miele, in francese ‘lune de miel’ e in spagnolo ‘Luna de Miel’.
Se poi gli sposini anglofoni fanno la ‘honeymoon’, i norvegesi dopo il fatidico sì si incamminano verso la ‘bryllupsreise’, magari incontrando durante il viaggio coppie tedesche in ‘Flitterwochen’ o giovani sposi arabi in ‘Shahr el ‘Assal’.
E se ognuna di queste espressioni si compone dei termini significanti ‘luna’ e ‘miele’ evidentemente un motivo che affondi saldamente le radici nella storia e nella cultura collettiva ci sarà, anche al di là delle suggestioni romantiche e misteriose assicurate dalla luna combinate alle delizie e alla dolcezza del miele, nettare degli dèi.
C’erano una volta, nella culla di civiltà che fu la Mesopotamia resa fertile dai fiumi Tigri ed Eufrate, i Babilonesi. Siamo fra il terzo e il secondo millennio avanti Cristo. Gli studiosi fanno risalire a questo contesto storico il rito del matrimonio, ed è quindi qui che vanno ricercate le tradizioni ad esso connesse. Ivi compresa quella che oggi per noi è la luna di miele.
Era d’uso, presso questi nostri antenati, donare agli sposini un’anfora di idromele, bevanda alcolica ottenuta dalla fermentazione del miele di cui conservava la dolcezza.
Gli sposi dovevano berne insieme qualche sorso ogni giorno per un mese intero: in questo modo la fertilità della loro unione sarebbe stata assicurata per la vita. Per quei misteriosi fili che non di rado la storia antica ci offre, qualcosa di molto simile accadeva tra le popolazioni del nord Europeo.
Fatto sta che, diversi millenni dopo, ecco che nella Roma caput mundi troviamo i neosposi tenuti a trascorrere la loro prima notte insieme mangiando miele, condotta che veniva ritenuta di buon auspicio per il futuro della nuova famiglia.
E’ in epoca moderna, tra Ottocento e Novecento, che l’espressione ‘luna di miele’ entra definitivamente e a ogni latitudine nelle abitudini linguistiche legate al matrimonio. La luna è in cielo, gli orci di miele in dono perdono di consuetudine per traslare il significato della medesima locuzione sull’aspetto del viaggio alla scoperta del mondo, certo, ma anche e soprattutto di quel ‘noi’ in cui consiste la nuova famiglia e, con essa, la proiezione degli sposi nel futuro.
Attualmente il senso dell’espressione luna di miele per come si è andato consolidando nei secoli resta intatto. Con in più quello che una vecchia réclame definiva come il logorio della vita moderna.
Scegliere la carta e i caratteri per le partecipazioni, individuare la quota perfetta di invitati a cui porre l’asticella e soprattutto, poi, distribuire i posti a tavola senza creare incidenti nella diplomazia familiare.
Per non parlare di abito, trucco e parrucco, monili, confetti, catering, location e tutto quanto fa nuziale. Dopo tanto stress, superato il panico del giorno prima e pronunciato finalmente il fatidico sì, finita la musica e quando gli amici se ne vanno eccoli.
Loro: gli sposi, che per dirla con Dante tirano finalmente il fiato e tornano ‘a riveder le stelle’ della loro intimità. E con le stelle, ecco la luna. Di miele, naturalmente.