Il governo ritira l'emendamento sugli stipendi dei ministri non parlamentari dopo le polemiche.
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Dopo un acceso dibattito pubblico e le polemiche suscitate, il governo ha deciso di ritirare l’emendamento alla Manovra che prevedeva l’equiparazione dello stipendio dei ministri non eletti a quello dei parlamentari. Questa decisione è stata accolta con favore da molti cittadini, che avevano visto in questa proposta un tentativo di ripristinare i privilegi della casta politica.
L’emendamento originario avrebbe comportato un aumento di oltre 7.000 euro al mese per i ministri non parlamentari, un emolumento che si aggiungeva già a un stipendio considerevole.
Nella nuova formulazione, il governo ha optato per una misura più contenuta, limitandosi a prevedere il rimborso delle spese di trasferta per i ministri e sottosegretari non parlamentari e non residenti a Roma.
Questo cambiamento ha portato alla creazione di un fondo presso la presidenza del Consiglio dei Ministri, con una dotazione annuale di 500.000 euro a partire dal 2025. La decisione di istituire un fondo per il rimborso spese è stata vista come un tentativo di mantenere un certo supporto economico per i ministri, senza però ricorrere a aumenti salariali diretti.
Le reazioni politiche a questa modifica sono state varie. Alcuni membri del governo, come il ministro della Difesa Guido Crosetto, hanno chiesto il ritiro dell’emendamento originale, sottolineando l’importanza di evitare conflitti di interesse e di mantenere la credibilità della classe politica. Inoltre, si è discusso della possibilità di rendere effettiva la misura solo nella prossima legislatura, per allontanare ogni sospetto di interesse personale. La questione degli stipendi dei politici continua a essere un tema caldo, con la necessità di trovare un equilibrio tra giustizia economica e sostenibilità delle finanze pubbliche.