Ponte delle Catene, Budapest, la denominazione di quello che viene ritenuto, non a torto, uno dei più suggestivi ponti d’Europa è strettamente legata alla sua struttura. Le ‘catene‘ cui si fa riferimento sono quelle in ferro, ottenute per giunzione di lunghe piastre tramite i classici ‘rivetti’ metallici, che si dipartono dai due piloni fluviali di 28 metri che sostengono tutta la struttura.
Storia del Ponte delle Catene
Prima che il conte ungherese Istvàn Széchenyi decidesse di farsi carico, nel 1849, della costruzione del nostro Ponte delle Catene, quella che è l’odierna Budapest consisteva in due nuclei cittadini ben distinti, Buda e Pest, che si affacciavano sulle rive opposte del Danubio.
Durante i mesi estivi le due città erano collegate grazie ad un provvisorio ponte su chiatte che veniva approntato per l’occasione e poi smontato con il sopraggiungere dei primi freddi per scongiurare i danni delle ‘ghiacciate’.
Servì dunque il decisivo intervento di Istvàn Széchenyi per dare ad entrambe le comunità cittadine una struttura più solida e definitiva che potesse dar corpo ad un unico conglomerato urbano.
Fu così che Adam Clark, l’ingegnere scozzese ingaggiato dal conte, realizzò, dopo un lavoro complessivo di circa vent’anni e grazie soprattutto al progetto originale di un altro britannico, William Tierney Clark, il ponte ‘Széchenyi Lànchid’ – dal nome del ‘mecenate’ ungherese.
Si trattava di una struttura concepita sui principi dell’ingegneria strutturale, con una lunga campata centrale (duecento metri circa) che era incastonata tra i due piloni grazie al bilanciamento vicendevole delle forze di compressione sui pilastri con quelle di trazione dei cavi.
La costruzione del Ponte delle Catene fu, come auspicato, il primo passo per l’unificazione delle due città, che avvenne ufficialmente nel 1873.
Tuttavia, i cittadini della nuova Budapest non poterono godersi a lungo quello che era uno dei veri e propri ‘fiori all’occhiello’ a livello di architettura della Capitale. Durante il secondo conflitto mondiale, infatti, al Ponte delle Catene spettò la stessa, triste sorte che ebbero tutti gli altri ponti della città: fu fatto saltare in aria dai Nazisti.
Questi ultimi, costretti ad arretrare a causa della pressione delle truppe sovietiche sul territorio da loro invaso, videro nell’esplosione dei ponti un sistema efficace per garantire e ‘coprire’ la loro fuga.
Dopo la sconfitta dell’esercito tedesco e la successiva liberazione dell’Ungheria iniziarono i lavori per la ricostruzione del Ponte delle Catene, che fu ultimata, seguendo in modo pressoché fedele i progetti originali, nel 1949, in modo da farla coincidere con il centenario del primo ponte.
Curiosità ed aneddoti Ponte delle Catene
Come accennato in precedenza, prima del 1849 l’attraversamento del tratto di Danubio tra Buda e Pest era piuttosto problematico e complesso. Durante il periodo invernale, con l’assenza del già citato ponte su chiatte, l’unica soluzione possibile era quella di passare sulla coltre di ghiaccio, con l’enorme rischio di rimanere bloccati nel bel mezzo del percorso in caso di aumento improvviso delle temperature.
Ciò che accade proprio allo stesso Conte Istvan Szechenyi rende l’idea di quanto potessero influire le ‘ghiacciate’ del Danubio sulla vita quotidiana dei cittadini. Dovendo recarsi sulla sponda opposta per presenziare ai funerali del padre, Szechenyi fu costretto a rinunciare per via di uno di questi sbalzi di temperatura.
C’è da dire che l’accaduto indusse il ‘contrariato’ conte ad intervenire perché non avvenissero più cose del genere ed altri disagi a coloro che fossero costretti a fare quell’attraversamento durante i mesi invernali.
Un fatto meno documentabile del precedente, anche se testimoniato da diverse fonti, è legato alle sculture di leoni situate in corrispondenza dell’entrata del Ponte delle Catene. Si dice infatti che lo stesso Clark, estremamente soddisfatto per la realizzazione finale dell’opera, fosse pronto a fare un tuffo nelle acque del Danubio qualora si riscontrasse anche solo un difetto in quest’ultima.
Quando gli fecero notare, durante l’inaugurazione, che le statue dei leoni erano prive della lingua, l’ingegnere fu costretto a tener fede alla parola data.