Sharing Economy: funzionamento e vantaggi della condivisione durante un viaggio.
Economia collaborativa, gig economy, economia on-demand, consumo collaborativo. Sono moltissimi i nomi che sono stati dati alla Sharing Economy, nuova modalità di fruizione di quei beni e servizi essenziali al vivere quotidiano. Uber, Bla Bla Car, AirBnB, Enjoy, Cohealo, JustPark, SkillShare e chi più ne ha più ne metta in quello che è ormai un ecosistema più che consolidato, in via di rendere obsoleta la proprietà diretta.
Recita l’Oxford Dictionary, che ha inserito il termine nel suo corpus: “Un sistema economico in cui beni o servizi sono condivisi tramite internet”, beni e servizi condivisi che ad oggi sono davvero moltissimi e di diversissima natura, dall’auto alla camera da letto, fino al parcheggio, agli yacht, alle prestazioni lavorative e addirittura alla terra da coltivare.
Ma come funziona? Di qualsiasi ambito si tratti le modalità sono pressappoco sempre le stesse: un privato è proprietario di un bene, lo condivide per un tempo limitato con altri che ne hanno necessità e ottiene in cambio una ragionevole retribuzione in denaro. Chi ha utilizzato il bene o il servizio recensirà chi glielo ha fornito. Il sistema di condivisione di recensioni è fondamentale ai fini di favorire la concorrenza tra gli utenti e quindi mantenere alta la qualità del servizio.
E si tratta di una crescita esponenziale. Gli studi a dimostrazione di questo sono innumerevoli, basti citare quello condotto da PriceWaterhouse Coopers, che ha calcolato un valore previsto intorno ai 600 miliardi di euro per il 2025, circa 20 dei quali spetterebbero all’Italia.
Il bel paese in effetti, con le sue 250 piattaforme di condivisione, sembra essere già molto attivo ad oggi, e vanta uno storico più che promettente: negli ultimi 8 anni il mercato è infatti più che triplicato, specialmente per quanto riguarda il turismo e i trasporti.
Nonostante la grande espansione però, si tratta tuttavia di realtà d’importazione, colpevole la scarsità di fondi di investimento erogati in questa direzione, la quasi totale assenza di una normativa di riferimento precisa e la diffidenza del cittadino italiano nei confronti di servizi di questo tipo.
Riuso, riutilizzo e condivisione tra professionisti, imprese, consumatori e cittadini. Si vengono a creare dei legami profittevoli per entrambe le parti in termini sia di risparmio che di ridistribuzione del denaro. Ne giova allo stesso tempo la componente umana e la socializzazione, componente sempre più trascurata in questa era dei social.
Ne giova l’ambiente. Prendiamo ad esempio tre persone che debbano viaggiare da Roma a Milano: potrebbero andare indipendentemente ognuno con la propria auto. Oppure due di loro potrebbero optare per un servizio di car sharing e viaggiare in macchina con la terza, risparmiando alla nostra atmosfera molte emissioni di CO2.
Si pensi anche al Bike sharing, servizio sempre più in voga specialmente nei grandi centri urbani, spesso messo a disposizione anche dallo stesso comune. Esso scoraggia l’uso dell’auto che viene spesso utilizzata anche per piccoli spostamenti. Ne conseguono benefici alla già di per sé pesante aria cittadina, al traffico, al rumore, allo stress e ai problemi di parcheggio.
Ridurre l’impatto della mobilità in tutte le sue fasi è ormai da anni un obiettivo importante. Forse questo potrebbe essere un passo nella direzione giusta.
Se i più ricchi non sono molto attivi nelle condivisioni, i maggiori utilizzatori di questi servizi sembrano invece essere i membri della classe media. Accedere a beni che il proprio reddito non consentirebbe è un altro dei vantaggi della sharing economy. Caso chiave è quello della startup francese Getaround, che registra tra i veicoli più frequentemente presi a noleggio quelli di un marchio non proprio alla portata di tutti, ovvero Tesla Motors.
Oppure la grande espansione del mercato del noleggio di imbarcazioni, che consente anche a chi non ha conti in banca a 6 cifre, di trascorrere una pacifica vacanza in barca a vela cullati dalle onde del mare.
Sharing economy è anche dare la possibilità di usufruire di beni altrimenti irraggiungibili.
Una rivoluzione quindi nella concezione di proprietà, una rivoluzione nella concezione di prestazione lavorativa che chissà quali risvolti potrà avere in ambito economico e sociale nei prossimi anni. A prima analisi lo scenario sembrerebbe essere del tutto positivo.