Tapas veneziane, i "cicheti" italiani!
Una gita a Venezia diversa dal solito potrebbe iniziare da qui, da una tradizione culinaria antica, ma vivissima e molto amata: i cicheti. Il cibo è – anche – cultura, e qualcosa dello spirito di un popolo si può cogliere già a partire dalla tavola.
Il cicheto è tutto questo, e ancora si più: un termine dialettale (dal latino ciccus, molto piccolo) racchiude una tradizione lunga secoli.
Nella Venezia del 1200 i commerci andavano intensificandosi, tanto che il governo mise due dogane, una in piazza San Marco e una a Rialto.
Era usanza bere un bicchiere di vino per festeggiare la conclusione di un affare, e per non ubriacarsi fin dalla prima mattina i commercianti usavano accompagnare i bicchieri con piccole dosi di cibo, da mangiare in velocità (a scottadito) tra un affare e l’altro.
Più o meno nello stesso periodo, in Spagna, re Alfonso X stabiliva l’obbligo per gli osti di servire i vini accompagnati da piccole quantità di cibo, che fossero salumi, prosciutti o formaggi, perchè i viaggiatori non bevessero a stomaco vuoto.
Il nome di questi assaggi, tapas, è di origine andalusa. In questa regione della Spagna era usanza servire da bere in un bicchiere coperto da una fettina di insaccato, per proteggere il contenuto da polvere e insetti (tapa in spagnolo corrisponde al nostro tappo)
Sia le tapas spagnole che i cicheti veneziani sono arrivati fino ai giorni nostri, e ormai fanno parte della cultura di massa, tanto da aver dato origine a dei modi di dire: a Venezia si propone di andar a cicheti, gli spagnoli amano, all’ora dell’aperitivo, ir de tapas, ma il significato è sempre lo stesso: assaggiare qualche appetitoso stuzzichino, accompagnato da un buon bicchiere di vino, o da uno spritz, che in Veneto ha le sue origini.
Una giornata a Venezia dovrebbe prevedere, tra le cose da fare, una sosta dal bacaro (basta un rapido giro su internet per trovarne uno nelle vicinanze) per gustare qualche cicheto tradizionale e immergersi nell’atmosfera da laguna più autentica.
I bacari sono le tipiche osterie veneziane, che servono per l’appunto i cicheti, accompagnati da uno spritz o un bicchiere di vino. Qui vale la pena di fare una digressione storico – linguistica: se mentre siete seduti al bancone sentite un autentico veneziano rivolgersi al l’oste ordinando “un’ombra de vin”, sappiate che anche quest’espressione risale a secoli fa.
Ai tempi della Serenissima infatti i venditori ambulanti di vino che commerciavano in piazza San Marco durante la giornata si spostavano, seguendo l’ombra del campanile della basilica, per non far stare la merce al sole. Da quest’usanza è nata l’espressione “un’ombra de vin”, che vi capiterà molto facilmente di sentire, se fate tappa in qualche osteria, se l’avventore sta ordinando un calice di rosso della casa, mentre il bianco è chiamato biancheto.
Ma quali sono oggi le tapas veneziane più diffuse? Intanto c’è da dire che ce n’è per tutti o gusti: di carne, di pesce e di verdure. Alcuni sono serviti sotto forma di crostino, come il baccalà mantecato (diffuso in tutta la regione, e nel vicino Friuli), i nervetti con la cipolla, i vari tipi di salumi e insaccati. Non mancano poi i fritti di ogni genere, sarde, sardoni o alici, e le polpette.
Queste ultime possono essere di tonno o melanzane, anche se la tradizione vuole che siano di carne bovina macinata. Un altro cicheto tipico sono le uova sode con una fettina di acciuga.
La caratteristica comune è quella di essere pensati per mangiarli senza posate, ma con le mani o infilati su uno stuzzicadenti.
Da notare che i bacari più tradizionali non offrono un vero e proprio servizio di ristorazione, quindi se si vuole fare un pranzo abbondante meglio informarsi prima. Per non perdere l’occasione di sperimentare qualche tapa veneziana l’ideale sarà programmare una sosta dal bacaro a metà pomeriggio, prima del rientro.