Abitata sin dal neolitico, come provano alcuni reperti rinvenuti durante la costruzione di un aeroporto militare nel corso dello sbarco a americano a Salerno nel 1943, l’area di Paestum è una delle aree archeologiche più importanti al mondo e una delle maggiori testimonianze dell’arte e dell’architettura greco-romana, con alcuni dei templi greci meglio conservati, e prova della magnificenza che avevano raggiunto le colonie della Magna Grecia già prima della conquista romana.
Tutto sui templi di Paestum.
Templi di Paestum, storia
Fondata nel settimo secolo a.C. dai greci provenienti dalla colonia calabrese di Sibari che avevano attraversato le valli della Lucania per arrivare sulle sponde tirreniche del Cilento, il primo insediamento nell’area era poco distante da Paestum: gli storici romani Strabone e Plinio il Vecchio collocano alla foce del fiume Sele (oggi però a un chilometro dalla costa a causa della sedimentazione di detriti alluvionali) il Santuario di Hera Argiva, o Heraion, costruito secondo la leggenda dal capo degli Argonauti Giasone, e di cui si sono ritrovati i resti solo negli anni trenta del secolo passato.
A circa nove chilometri si trova invece la città vera e propria, dove i coloni sibaritici si stabilizzarono fondando Poseidonia, dal nome del dio greco del mare Poseidone sotto la cui protezione la città si poneva.
A cavallo tra il sesto ed il quinto secolo avanti Cristo la città era una delle più fiorenti di tutta la Magna Grecia ed è in questo periodo, mentre ad Atene si deponeva l’ultimo tiranno e la Grecia si preparava a combattere un’estenuante guerra contro l’Impero Persiano, che vennero costruiti gli edifici principali dell’acropoli di Paestum, tra cui i tre templi che ancora oggi possiamo ammirare.
Successivamente la città venne gradualmente occupata dalle popolazioni lucane dell’entroterra, che però ne preservarono l’integrità e l’uso a cui erano adibiti gli edifici principali.
Il nome fu mutato in Paistom fino a quando i romani, coi quali molto stretti erano i rapporti anche in funzione anti cartaginese, non ne presero il controllo nel 273 a.C. e la ribattezzarono col nome con cui oggi la conosciamo, Paestum.
I romani apportarono alcuni cambiamenti urbanistici all’urbe, che fu però poi progressivamente abbandonata col declino dell’impero soprattutto a causa dell’impadulimento della zona e dimenticata fino alla sua riscoperta settecentesca durante i lavori per una strada.
Templi di Paestum, caratteristiche
Lo stile dei tre templi dell’acropoli di Paestum è quello dorico, tipico dell’epoca in cui i canoni dell’architettura greca venivano a formarsi e precedente ai più sofisticati stili ionico e corinzio. Costruiti nell’arco di un secolo tra il 560 a.C. e il 460 a.C., dall’osservazione dei loro capitelli, che diventano sempre meno piatti, è possibile scorgere anche l’evoluzione stilistica.
Il più antico è il tempio dedicato ad Hera, sposa di Zeus e protettrice degli achei, cioè la stirpe greca che colonizzò l’area e il cui dialetto si parlava in quei tempi in città.
Per via della sua forma arcaica, ed essendo spariti timpano e trabeazione (la parte cioè superiore dell’edificio), a lungo ne venne equivocata la funzione che invece di religiosa si supponeva essere politica e venne quindi battezzata “Basilica” (nel senso romano del termine), nome con cui ancora oggi è conosciuta.
A un altro errore dei classicisti del ‘700 è dovuta il nome del tempio più recente e situato affianco a quello di Hera, quello di Nettuno (il nome romano di Poseidone a cui la città era intitolata) e di cui ancora oggi si dibatte sulla sua titolarità, C’è chi lo vorrebbe eretto a Zeus, altri ad Apollo e altri alla stessa Hera. Tra i tre è il più imponente e meglio conservato, e ricorda nello stile il famoso tempio a Zeus ad Olimpia, in Grecia.
All’estremo settentrionale dell’acropoli è situato invece il più piccolo dei tre, quello intitolato ad Atena.
In epoca paleocristiana i templi da pagani furono adibiti a riti cristiani, ma in seguito all’abbandono della località in epoca medievale furono soggetti ad asportazione di alcuni pezzi delle celle interne.
Rimasta disabitata si persero poi le memorie della città fino alla loro riscoperta in piena epoca neoclassicista, quando personalità di tutta Europa come Goethe vi facevano tappa nei loro Grand Tour.