Il tunnel Borbonico è un luogo ricco di fascino e storia.
Il Tunnel Borbonico di Napoli, anche noto come galleria borbonica, è un traforo sotterraneo di circa 500 metri, che da piazza del Plebiscito arriva a piazza della Vittoria, nell’elegante zona Chiaia.
Viene spesso confuso con Napoli Sotterranea, l’intrico di cunicoli risalenti all’epoca greco – romana.
Il tunnel borbonico, come dice il nome stesso, risale a un’epoca più recente, precisamente agli anni a cavallo tra i moti del ’48 e l’unità d’Italia. Le numerose vite di questa galleria sono state riflessi fedeli di quanto accadeva in superficie, tra rivoluzioni, guerre, cambiamenti sociali.
Il tunnel borbonico fu voluto da Ferdinando II, sovrano delle Due Sicilie. Il re commissionò il progetto con un’idea ben precisa, memore dei rischi corsi dalla famiglia reale durante i moti del ’48. Lo scopo era duplice: garantire ai Borbone un’agevole e discreta via di fuga, che nel caso di sommosse avrebbe consentito loro di raggiungere Piazza della Vittoria, vicina alle caserme e al mare. Dall’altro lato, permettere all’esercito di compiere rapidamente il percorso inverso.
Del progetto fu incaricato Errico Alvino, che al giorno d’oggi potrebbe a buon diritto fregiarsi del titolo di archistar. L’opera sarebbe stata formata da due gallerie, alte 12 metri, ampie 4 e dotate ciascuna di un marciapiede di 2 metri. Le gallerie, una per ciascuno dei sensi di marcia, sarebbero state parallele. La galleria da Palazzo Reale si sarebbe chiamata Strada Regia, l’altra Strada Regina.
Gli imprevisti durante i lavori non mancarono, ed Alvino dovette progettare modifiche e correzioni in corso d’opera. I lavori erano da poco partiti, quando gli scavi intercettarono un acquedotto seicentesco. Lo stesso problema si ripresentò più avanti, quando ci si imbatté in due cisterne idriche. In entrambi i casi, le variazioni di Alvino permisero di proseguire coi lavori senza pregiudicare l’approvvigionamento idrico della popolazione.
Non mancarono ostacoli naturali. Poco dopo le cave di Carafa, la presenza di scavi più antichi costrinse a unificare le gallerie, riducendone l’ampiezza, per salvaguardare la stabilità. A metà percorso furono rinvenuti dei depositi di tufo non solidificatisi. Anche in questo caso, la soluzione fu ridurre le dimensioni della galleria.
Arrivato al termine, il tunnel misurava 431 metri, e non arrivava, come’era nei progetti, a Palazzo Reale. Fino alla seconda guerra mondiale da questo versante non avrebbe avuto neanche un’uscita.
Arrivò il giorno dell’apertura. Il 25 maggio 1855 il re inaugurava il Tunnel Borbonico. La realizzazione aveva richiesto tre anni, un tempo record per l’epoca, se si considera che la galleria era opera di artigiani che avevano utilizzato solo strumenti quali picconi e cunei, senza avvalersi di mezzi meccanici. Per tre giorni la galleria fu lasciata aperta al pubblico.
Dall’unità d’Italia alla seconda guerra mondiale
La morte del re l’anno dopo l’inaugurazione, e i cambiamenti che si profilavano all’orizzonte, fecero passare in secondo piano opere pubbliche e infrastrutture. Negli anni ’30 il Tunnel Borbonico divenne il nascondiglio per la refurtiva della malavita, e con l’inizio dei bombardamenti fornì riparo a migliaia di napoletani.
Vennero aperti nuovi accessi alla galleria, tra i quali uno in zona Piazza del Plebiscito, e realizzati servizi igienici e collegamenti alla rete elettrica. Alcune suppellettili e oggetti dell’epoca sono tutt’oggi visibili.
Dalla fine della guerra agli anni ’70 il Tunnel Borbonico di Napoli è stato utilizzato come magazzino. All’indomani del conflitto vi venivano ricoverati oggetti estratti dalle macerie dei palazzi crollati in seguito ai bombardamenti. Una volta diventato Deposito Giudiziario del comune di Napoli, nelle sue gallerie hanno iniziato ad arrivare beni frutto di sequestri o sfratti.
A partire dal 2007 il Tunnel Borbonico di Napoli è aperto ai turisti, grazie all’impegno di un gruppo di volontari, che lo ha ripulito e reso visitabile.