I vulcani sono soggetti di studio da sempre, sia per l’interesse che provocano nella comunità scientifica, sia perché molto pericolosi per le popolazioni che vivono nei loro paraggi. Col passare degli anni, gli strumenti in grado di rilevare l’attività vulcanica sono diventati sempre più precisi, permettendo di monitorarla e a talvolta riuscire a sapere in anticipo quando potrebbe avvenire un’eruzione.
Uno dei vulcani più monitorati e studiati al mondo si trova proprio qui in Italia, e per delle ragioni più che valide!
Stiamo parlando del Vesuvio, vulcano situato in una posizione dominante rispetto al golfo di Napoli, in Campania.
Facente parte delle catena degli appennini, questo gigante è tra i più pericolosi vulcani al mondo, proprio per la sua posizione. Un vulcano così attivo e così vicino ad un centro abitato, non può che destare scalpore e allarme nella comunità scientifica.
Negli anni passati, il Vesuvio ha infatti dato più volte dimostrazione della sua attività, eruttando ben due volte solamente nel XX secolo!
Sono però documentate anche eruzioni molto precedenti, addirittura risalenti al primo secolo d.C.
La storia e le origini del Vesuvio
Ci sono molte teorie sull’origine del nome del Vesuvio. Alcune risalgono a miti greci, altre trovano le loro radici in storie di tradizione popolare. Alcuni sostengono che il vulcano prenda il nome da Vesbio, capitano dei Pelasgi che un tempo dominò quelle terre.
Una delle teoria più accreditate sostiene però che il nome del Vesuvio abbia origini indoeuropee, e derivi dalla base ‘ aues ‘, ovvero ‘ bruciare ‘, o ‘ illuminare ‘.
Il Vesuvio, con i suoi circa 1280m di altezza ( variabile a seconda dell’altezza del cono ), è eruttato almeno 37 volte, nel suo ciclo vitale, anche se gli esperti non sono ancora certi di quando sia iniziato il suo periodo di attività.
Il primo, grande evento eruttivo del Vesuvio, datato 79d.C., fu talmente distruttivo da cancellare completamente le città di Ercolano, Pompei.
Stabia e Oplontis, che rimasero sepolte sotto strati di pomice (una roccia formatasi dopo il raffreddamento del magma) e vennero riesumate solo dal XVIII secolo a seguire. Dopo il 79d.C. il Vesuvio eruttò molte altre volte, per poi tornare in stato di quiete nel XIII secolo, tanto che nei dintorni, e addirittura al suo interno, crebbe una rigogliosa vegetazione, così che il monte tornò allo stato in cui era prima della sua prima eruzione. Questo, almeno, prima del 1631.
Le eruzioni successive
Ci furono diversi segni premonitori del ritorno in attività del Vesuvio. Nei giorni precedenti all’eruzione, il suolo si gonfiò, l’acqua nei fiumi e nei torrenti iniziò a prosciugarsi e si verificarono molte piccole scosse di terremoto. Nell’alba del 16 Dicembre 1631, dopo quasi 130 anni di riposo, il gigante dormiente si risvegliò, causando ancora una volta distruzione in tutte le zone limitrofe.
I documenti che raccontano di questa catastrofe, variano leggermente l’uno dall’altro. Alcuni autori, ad esempio, raccontano di una colata di lava, mentre altri sostengono che non ci sia mai stata. Su una cosa, però, concordano tutti: l’evento fu catastrofico.
Successivamente, il vulcano eruttò diverse volte nel corso del XVII secolo, spesso con effetti spettacolari; ad esempio, nel
1855, una colata di lava incandescente si riversò in un crepaccio, dando vita a una spettacolare cascata di fuoco liquido.
Ci fu poi un’altra grande eruzione nel 1906, prima dell’ultimo evento ad oggi registrato, che si verificò nel 1944. Questa ultima eruzione provocò ancora una volta danni ingenti, e ricevette una grande attenzione mediatica, anche per intervento dell’esercito angloamericano che in quegli anni occupava Napoli.
L’evento del ’44 provocò un cambio radicale nella struttura del vulcano, e il Vesuvio è entrato da allora in una fase di quiescenza anomala, a detti degli studiosi. il Vesuvio viene infatti monitorato continuamente grazie ai più sofisticati strumenti, ma la sua attività, basandosi sui precedenti cicli di eruttivi, sembra molto ridotta, e la prossima eruzione sembra essere più in ritardo del previsto.
Nonostante ciò, è importante ricordarsi di tenere sempre un occhio sul Vesuvio che, nonostante la distruzione che ha provocato nei suoi secoli di attività, rimane uno dei simboli più importanti non solo della Campania, ma dell’intera penisola.